Consonanti

b si pronuncia come in italiano
c come la z sorda dell’italiano stazione; nella trascrizione è resa con [ts]
č come la c dolce dell’italiano cielo
d come in italiano
f come in italiano
g è sempre dura, come g in gatto e gh in ghiro; nella trascrizione, davanti ad i e ad e, è resa con [gh]
h come h dell’inglese house
j come la prima i dell’italiano ieri
k come la c dura dell’italiano casa
l come in italiano, davanti a e ę ė i į y; più scura, simile a ll dell’inglese bill, davanti a a ą o u ų ū
m come in italiano
n come in italiano
p come in italiano
r come in italiano
s sempre sorda (anche tra vocali), come nell’italiano sasso
š come sc dell’italiano scena
t come in italiano
v come in italiano
z è una s sonora, come nell’italiano rosa
ž come j del francese jour

Si hanno inoltre i seguenti digrammi:
ch si pronuncia come ch del tedesco Bach; nella trascrizione è reso con [H]
dz come la z sonora dell’italiano zanzara
come la g dolce dell’italiano gente

Le consonanti si dicono palatalizzate (o molli) quando sono seguite da e ę ė i į y; nei nessi costituiti da una consonante + i + a ą o u ų ū (come p.es. in kiaũlė “maiale”) la lettera i non è una vera vocale, ma serve a indicare che la consonante precedente è palatalizzata. Il suono di una consonante palatalizzata è approssimativamente simile a quello di una semplice consonante seguita da i.

Nell’incontro tra consonanti si possono avere fenomeni di assimilazione, per cui la pronuncia si discosta leggermente dalla grafia: p.es. dìrbti [dìrpti], vèžti [vèšti], fùtbolas [fùdbolas].

Non esistono consonanti doppie, cioè con pronuncia rafforzata.