Altri 200 milioni per chiudere Ignalina

Nuovi fondi in arrivo dall’Unione europea a Lituania, Bulgaria e Slovacchia per garantire uno smantellamento sicuro dei vecchi impianti di epoca sovietica. La Commissione europea ha infatti proposto oggi di fornire un’ulteriore assistenza per un importo complessivo di mezzo miliardo di euro a questi paesi fino al 2020, oltre a quella gia’ decisa fino al 2013. Queste nuove risorse sono destinati agli impianti di Ignalina, Kozlodoy e Bohunice. “E’ nell’interesse dei nostri cittadini – ha affermato il commissario Ue all’Energia, Gunther Oettinger – che questi reattori siano smantellati in maniera sicura e che non tornino mai operativi”.

Alla Lituania dovrebbero arrivare quindi 210 milioni di euro, alla Bulgaria 185 milioni di euro e alla Slovacchia 105 milioni. Per ricevere questi fondi, i tre paesi dovranno garantire il rispetto della legislazione Ue sulla gestione dei rifiuti nucleari, assumersi le rimanenti responsabilità finanziarie e sottoporre i piani di smantellamento alla Commissione Ue. Per questa assistenza, l’Ue ha già previsto di sborsare per questi tre paesi quasi tre miliardi di euro fino al 2013.

La somma è inferiore a quella richiesta dalla Lituania che voleva altri 870 milioni di euro per completare i lavori di smantellamento.
“Comprendiamo l’attuale situazione finanziaria nella UE, con la Grecia e gli altri paesi del sud Europa economicamente profondamente turbati. Ma dobbiamo anche insistere sulla solidarietà e sul principio della condivisione degli oneri”, ha sottolineato Sekmokas.

Il commissario per l’Energia Guenther Oettinger ha recentemente scritto una lettera di avvertimento a Vilnius, esprimendo la sua “preoccupazione” per i ritardi nei lavori di smantellamento.
Ma il funzionario lituano ribatte che il provvedimento si è rivelato più complicato del previsto in quanto è la prima volta che viene dismessa una centrale nucleare creata usando la stessa tecnologia imperfetta della centrale di Chernobyl. Tutti ricordano l’incidente del 1986, quello che è ancora oggi considerato il peggior disastro nucleare della storia, in una zona ancora profondamente segnata dall’evento e che dovrebbe essere bonificato entro il 2065.

“Stiamo cercando di accelerare il processo e ottimizzare i costi, ma non vogliamo scendere a compromessi sulla sicurezza. Le persone però non sono motivate, vorrebbero dare nuova vita alla centrale, non smantellarla”, ha spiegato il ministro.

Il 2030 rimane la data fissata per il completo smantellamento dei due reattori e lo stoccaggio del combustibile nucleare e delle scorie radioattive, ma “dobbiamo recuperare il ritardo accumulato fino ad oggi”, ha ammesso Sekmokas. E se l’UE non rafforza il suo contributo, il processo di smantellamento raggiungerà un ammanco di 1,5 miliardi di euro fino al 2030.

“Siamo in un processo di consultazione, è ancora in fase di definizione”, ha detto il ministro, il quale ribadisce che, se i soldi non vengono messi a disposizione dall’Unione Europea, saranno i contribuenti lituani a doversene assumere l’onere.
Finora, la maggior parte del miliardo di euro già ricevuti dalla UE e da altri donatori internazionali è stata utilizzata principalmente per costruire gli impianti di stoccaggio necessari. Ma nessuno è ancora stato completato.

E, a differenza di Slovacchia e Bulgaria, la Lituania ha in progetto di costruire una nuova centrale nucleare nello stesso sito dove i reattori di tipo sovietico sono in fase di smantellamento. Il progetto comune ai tre stati baltici a cui si è aggiunta anche la Polonia verrà realizzato dalla società energetica giapponese Hitachi insieme alla statunitense General Electric.

Il ministro lituano dell’energia si dice fiducioso che il nuovo impianto arrivi a rispettare tutti gli standard di sicurezza internazionali, a differenza dei due progetti russi in costruzione appena oltre il confine in Bielorussia e nell’enclave russa di Kaliningrad.

Ma gli attivisti verdi che seguono la costruzione di tutti e tre i progetti sostengono nel dire che è “una totale assurdità”, dal momento che la Russia ha sia la manodopera che una pluridecennale esperienza con la tecnologia nucleare.
“I problemi in chiusura di Ignalina hanno dimostrato che siamo un piccolo paese con risorse finanziarie e umane molto limitate. Vi è una chiara mancanza di competenza ed esperienza nella gestione di questo processo. La costruzione di un nuovo impianto sulle rovine di quello vecchio comporterà il doppio dei rischi.” Queste le parole di Linas Vainius del Movimento Verde lituano che solleva anche il dubbio se i fondi di smantellamento dell’Unione europea non siano stati utilizzati in realtà come sussidi nascosti per il nuovo impianto.

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