Raonic o Dimitrov, Tomic o Harrison? Queste le diatribe più frequenti sulla classe dirigente del futuro. Tuttavia, nemmeno un anno fa, la promessa più avanti in classifica non era nessuno di loro, bensì un ventenne dell’est europeo. Nato a Vilnius il 21 giugno 1990, a fine 2010 Ričardas Berankis era il più giovane atleta nella top-100, al numero 85: frutto di un’ascesa graduale e senza scossoni, partita dalla vittoria all’US Open junior 2007 – con annesso titolo mondiale a fine anno – e culminata nel successo al ricco challenger di Helsinki, il 28 novembre scorso.
Anche il 2011 si era aperto sotto i migliori auspici, illuminato da un ottimo terzo turno all’Australian Open – il primo della carriera in uno Slam – e dal bis dei quarti a San Jose, eliminato in due set molto combattuti da Milos il canadese. Poi, dopo aver tolto un set a Roddick a Memphis ed aver condotto la sua nazionale alla vittoria in Davis contro i cugini baltici dell’Estonia, ecco il primo campanello d’allarme: al secondo turno di Indian Wells, al servizio per il set contro Fernando Verdasco, la schiena si blocca e Ričardas è costretto al ritiro qualche game più tardi, sul 5-7 0-2. Nonostante ciò decide comunque di giocare a Miami, dove vince il primo set contro l’altro fotomodello iberico, “Deliciano” Lopez, salvo poi terminare l’incontro virtualmente immobile.
Il responso medico questa volta è impietoso: oltre alla schiena si aggiungono problemi all’inguine e all’anca, ed il coseguente stop di 4 mesi costringe Berankis a saltare la parte di stagione più densa di appuntamenti importanti, tra cui Roland Garros e Wimbledon. E poiché i prati inglesi gli avevano regalato numerose soddisfazioni nel 2010 – vittoria al challenger di Nottingham e secondo turno a Church Road, partendo dalle qualificazioni – non può far altro che assistere impotente allo sgretolarsi della classifica, dal 73 di inizio marzo al 160 circa del mese scorso. Rientrato in piena estate sul cemento statunitense, la campagna d’America si rivela come previsto irta d’ostacoli: privo di riferimenti competitivi da mesi, il lituano infila tre uscite all’esordio ed una sola, magra vittoria nelle qualificazioni all’US Open, dove comunque perde dal modesto tedesco Dominik Meffert.
Liberato dalla pressione dell’ultimo grande torneo stagionale, inizia la risalita: ripartito con umiltà dai challenger, Berankis infila due buoni piazzamenti in Turchia – quarti a Izmir e semifinali a Istanbul – dopodiché si getta a capofitto sui palazzetti europei. Nel trittico francofono raccoglie altre due buone semifinali, a Mons (dove cede al nostro Seppi sprecando un set point) e giusto pochi giorni fa ad Orleans, fermato da un redivivo Arnaud Clement in versione Jean d’Arc. Risultati che tornano a far sorridere la classifica, questa settimana al numero 114.
Tecnicamente Berankis è giocatore moderno, forgiatosi all’accademia di Bollettieri sulla scia del corri-e-tira portato in auge dal suo idolo di gioventù, Andre Agassi. Come il kid di Las Vegas eccelle in ribattuta, dove vanta riflessi davvero notevoli, ma per il resto somiglia più ad una versione aggiornata di Nalbandian: rispetto all’argentino – con il quale condivide modello di racchetta e marca d’abbigliamento – ha certamente meno poesia nel braccio, minor tocco nella parte più avanzata del campo, ma in compenso un servizio decisamente più ficcante, nonostante i soli 175 centimetri di cui dispone. Anche il diritto è portato con maggior rotazione, frutto di una modernissima presa western. Le similitudini con Rey David si accentuano molto nel rovescio bimane, fluido ed “avvolgente”, nella grande coordinazione in ribattuta e nella capacità di disegnare il campo con grandi angoli, in alternativa alla sola forza bruta.
Dove possa arrivare Berankis è difficile dirlo: le incognite riguardano soprattutto la statura non eccelsa – parametro in cui potrebbe pagare dazio rispetto ad un Raonic, ad esempio – oltre ad una certa tendenza ad infortunarsi, come la stagione appena trascorsa ha purtroppo illustrato. Se il fisico tiene, può certamente puntare alla top-10 e ad essere protagonista nei grandi tornei, come alcuni dei suoi coetanei sono già riusciti a fare quest’anno. Peraltro, a scommettere su di lui c’è anche un certo Roger Federer, rimasto impressionato dal gioco di “Rycka” al punto d’invitarlo ad allenarsi insieme a Dubai nella scorsa off season: non male per un ventunenne, popolarissimo in patria e già miglior lituano di sempre nel ranking mondiale.