La chiusura della sola centrale nucleare lituana, Ignalina, potrebbe avere effetti importanti sull’indipendenza energetica del paese baltico e, in ultima analisi, sulla capacità di Vilnius di avere una politica estera pienamente indipendente dalle pressioni di Mosca. Lo scrive oggi in un’analisi l’International Security Network (Isn) di Zurigo.
L’analisi del think tank parte dallo stop, a mezzanotte del 31 dicembre 2009, dell’ultimo reattore di Ignalina, la vecchia a pericolosa centrale nucleare che soddisfaceva il 70 per cento del fabbisogno energetico del paese baltico. Stop, questo, necessario a Vilnius per rispettare le condizioni poste all’atto dell’adesione all’Unione europea nel 2004.
La chiusura di Ignalina, di fatto, ha dato un profondo colpo alla capacità di generazione elettrica della Lituania, che è stata costretta a rivolgersi per forniture energetiche ai suoi vicini e, in particolare, alla Russia. Oggi, per rifornire la centrale elettrica Lietuvos Elektrine, che produce il 65 per cento del fabbisogno elettrico lituano, la Lituania deve importare gas dalla Russia. Mosca fornisce il 90 per cento del fabbisogno di gas del paese baltico.
Nei prossimi anni, quindi, è evidente che Mosca ha l’opportunità di accrescere la sua influenza nel settore dell’energia lituana. Non sarà semplice per Vilnius diversificare le proprie forniture e la Russia ha modo oggi di imporre alla Lituania i propri prezzi. Anche se è vero che la chiusura di Ignalina sta spingendo Vilnius a investire nelle energie rinnovabili, ci vorranno anni prima che queste abbiano un impatto realistico. E, altrettanto, si può dire del progetto per una nuova centrale nucleare che la Lituania intende costruire assiame a Polonia, Lettonia ed Estonia: non sarà pronta prima del 2018.
Intanto, però, l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica – +33,3 per cento a gennaio, subito dopo la chiusura di Ignalina – morde le tasche già vuote dei lituani, colpiti pesantemente dalla crisi economica, tanto da portare in piazza le persone.
In questa situazione pesante, Isn ritiene che ci sarà un effetto nell’atteggiamento di Vilnius rispetto alla Russia. “Il Cremlino ha manipolato le sue forniture di gas o petrolio come strumento politico per gestire i suoi vicini in passato e farà probabilmente la stessa cosa anche con la Lituania”, scrive Anna Dunin per Isn. Anche se è “improbabile” che possa esercitare sulla Lituania – che è membro dell’Ue e della Nato – una pressione simile a quella esercitata in passato sulla Bielorussia o sull’Ucraina, tuttavia Isn prevede che “la chiusura della centrale possa portare a cambiamenti nella politica estera nel breve periodo, con la Lituania costretta a rafforzare i suoi legami con la Russia”.
In particolare, Vilnius si è energicamente opposta finora alla costruzione del gasdotto North Stream sotto il mar Baltico e ha detto no alle offerte russe di costruire assieme una nuova centrale nucleare. Per l’analisi Isn, a questo punto, “il potere di trattativa del paese sarà inferiore e il governo potrebbe diventare più cooperativo e benevolo nei confronti di Mosca su queste questioni controverse”.